Il Neuromarketing è etico? Le risposte ai timori più diffusi.
Il Neuromarketing è etico? Le risposte ai timori più diffusi.
Tra entusiasmo e scetticismo: la nascita di un dibattito etico
Il Neuromarketing rappresenta uno strumento strategico che, con un contributo interdisciplinare, offre vantaggi concreti ad aziende e consumatori. Tuttavia, il suo intervento nella progettazione di prodotti e comunicazioni o nello sviluppo di campagne genera ancora reazioni ambivalenti.
La nascita di un dibattito di tipo etico è la naturale conseguenza della paura generata dalle capacità peculiari delle nuove metodologie adottate: un loro possibile impiego manipolatorio, che oltrepassa scopi accademici e conoscitivi, è un rischio che desta parecchie preoccupazioni.
Le prime problematiche mosse alla disciplina risalgono al 2003. Il Commercial Alert, un’associazione per la difesa dei consumatori, si rivolse prima al mondo accademico, poi al Senato statunitense, presentando una petizione contro l’uso di strumenti di scansione cerebrale nelle ricerche di mercato. Il gruppo sosteneva che il Neuromarketing rappresentasse un rischio significativo per i consumatori e lo definiva in grado di «soggiogare la mente e usarla per il profitto commerciale» (Stanton e al., 2017), avanzando la nefasta ipotesi di un suo possibile impiego come arma di propaganda politica.
Con l’accusa di ricercare un Buy Botton nel cervello del consumatore per darne accesso alle aziende, tuttora persistono timori attorno all’ingresso del Neuromarketing nel mondo d’impresa.
«Si è diffusa la credenza, in parte fondata, che, grazie agli strumenti neuroscientifici applicati al marketing, si possa conoscere come e cosa pensano le persone, spesso in maniera più approfondita rispetto alle stesse; per questo motivo, vi è la paura diffusa che le nostre percezioni possano essere controllate da terzi a fini commerciali, e che possa essere infranto il santuario interiore dei nostri pensieri» (Ulman e al., 2015).
Una violazione della privacy e una minaccia all’autonomia personale. Rendere i consumatori trasparenti rispetto alle realtà commerciali che, in qualsiasi momento, potrebbero sfruttare la possibilità di invadere i loro pensieri e influenzare le loro scelte. Le principali criticità mosse al Neuromarketing nascono dalla Paura che, come la disciplina stessa afferma, è un’emozione evolutivamente essenziale e difficilmente estinguibile.
Ma l’analisi a fini commerciali di parametri neurali, biometrici e comportamentali non deve necessariamente destare timori, anzi.
Persuasione e non manipolazione. Probabilità e non determinismo.
Due sentenze brevi, che insieme racchiudono la risposta a molti dei dubbi, ancora largamente diffusi, riguardo al Neuromarketing. La paura di un possibile intento manipolatorio da parte delle aziende può essere ridotta ricordando che il Neuromarketing si muove all’interno del campo della probabilità.
La disciplina offre previsioni probabilistiche circa il comportamento dei consumatori, aiutando le aziende a individuare le conseguenti soluzioni strategiche e creative più performanti, senza cadere in determinismi causa-effetto. Chi sostiene con certezza di poter condurre all’acquisto qualcuno attraverso la sola esposizione allo stimolo, non solo dimostra di non conoscere la complessità del funzionamento cerebrale ma abusa del potenziale offerto dalla disciplina avendo come unico fine il proprio profitto.
Infatti, l’ipotesi dell’esistenza di un pulsante d’acquisto nel cervello umano non trova supporto in alcuna prova scientifica. Descrive una semplificazione meccanicistica del funzionamento cerebrale, in contrasto con le ormai consolidate teorie sulla sua plasticità. Lo stesso decision making, da sempre oggetto d’interesse del marketing, coinvolge processi mentali a diversi livelli di consapevolezza, a conferma della complessità che caratterizza la scelta finale.
Verso un codice etico del Neuromarketing
Il Neuromarketing offre alle aziende gli strumenti per indirizzare gli investimenti e sviluppare proposte commerciali e messaggi efficaci, riducendo il margine di errore. L’uso improprio di tali potenzialità è da condannare, ma non da far risalire alla metodologia in sé.
Nell’ambito più generale della Neuroetica, l’Etica delle Neuroscienze tenta di definire quali metodologie siano legittime nella sperimentazione neuroscientifica a fini commerciali, mirando a stabilire delle linee guida operative standardizzate. Con il progetto NeuroStandards Collaboration Project (2011), l’Advertising Research Foundation coinvolge compagnie leader nel settore per stilare una regolamentazione che ponga fine agli scetticismi. Il fine è dare risposta alle domande dei curiosi così come alle criticità mosse dagli oppositori circa l’utilizzo di strumenti di indagine cerebrale nelle fasi progettuali e di analisi interne alle aziende (Stipp, 2015). Implementato nel successivo Neuro 2.0 (2013), questo progetto si pone l’obiettivo di aumentare la trasparenza delle metodologie e di creare una struttura di riferimento per la conduzione di qualsiasi studio di neuromarketing.
L’adozione di un codice etico specifico per la disciplina potrebbe condurre a una miglior accettazione del Neuromarketing come parte attiva delle strategie di azienda e, allo stesso tempo, far fronte alle criticità sollevate circa un suo possibile impiego manipolatorio (Murphy e al., 2008).
Inoltre, per assicurarsi un più alto posizionamento competitivo i centri di ricerca e le imprese tendono a tutelare la segretezza delle proprie metodologie sperimentali e, di conseguenza, a non divulgare i risultati ottenuti. Questa pratica non solo rappresenta una delle cause della lenta diffusione del neuromarketing su scala globale, ma contribuisce a rafforzare i sospetti e i timori legati alla disciplina.
D’altronde, seguire un approccio etico e trasparente, rispettoso della persona e dei suoi diritti, equivale a non avere nulla da nascondere e viceversa…no?
La nostra garanzia di Eticità ruota attorno alla Persona
Le criticità mosse al Neuromarketing ci impongono una decisa presa di responsabilità sul piano etico.
Ottenere il consenso dai partecipanti prima di iniziare il test, informarli sulle procedure alle quali saranno sottoposti, degli eventuali rischi e dei loro diritti, è una prassi fondamentale. Il soggetto deve vedere garantito il rispetto della privacy, ricevere informazioni sul trattamento dei dati personali e le adeguate rassicurazioni di fronte a possibili dubbi.
Inoltre, la partnership con AINEM, l’Associazione Italiana di Neuromarketing, e la stretta collaborazione che ne consegue, garantisce l’affidabilità scientifica delle nostre ricerche e la rispondenza ai più aggiornati codici etici.
La Persona è il fine, mai un mezzo
Nel coniugare gli obiettivi di azienda al benessere dei consumatori, seguiamo un approccio win-win che pone la persona al centro. Integriamo l’utilizzo di più strumenti, come EEG e Eye Tracker, a conoscenze interne consolidate nell’esperienza su campo, per aiutare le aziende a raggiungere una sempre più approfondita conoscenza del proprio pubblico e dei fattori di scelta, consci e non, che lo animano. In questo modo, aumentiamo la loro probabilità di introdurre sul mercato prodotti e servizi realmente utili e apprezzabili, facilitando la scelta dei decisori di acquisto.
Offrire alle persone ciò che desiderano, offrendo la soluzione ad un reale bisogno, equivale ad una maggiore soddisfazione dei consumatori, unita ad un più alto guadagno per la compagnia. Con un approccio operativo etico, il Neuromarketing rappresenta un vantaggio per tutti.