Banner Blindness: cos’è e come prevenirla con il Neuromarketing

Banner Blindness: cos’è e come prevenirla con il Neuromarketing

1. Cos’è la Banner Blindness?

Mentre navigano online, gli utenti guardano raramente gli elementi di display advertising e qualsiasi forma di inserzione digitale. In particolare, appaiono ciechi ai banner pubblicitari. Chi affronta quotidianamente le dinamiche del web impara presto a divincolarsi tra le infinite informazioni disponibili, a riconoscere quelle utili e ad evitare quelle irrilevanti e fastidiose, come i banner.

Vediamo insieme come il Neuromarketing applicato alla UX aiuti ad orientare il design di contenuti adv verso l’effettiva conversione e a migliorare web usability e user experience complessive.

1.2 Perché gli utenti non vedono i banner?

I banner sono una forma di digital advertising dall’alto potenziale remunerativo e perciò ampiamente utilizzata. Le aziende destinano all’acquisto di banner una porzione consistente del proprio budget, con l’obiettivo di generare un aumento nel flusso dei visitatori e ottenere ritorni sugli investimenti positivi. Viceversa, le realtà ospiti traggono guadagno dalla vendita di spazi adv sul proprio portale web.

Lo scopo dei banner è farsi notare, spesso ostacolando la navigazione, e incoraggiare l’utente ad approfondire proposte commerciali a cui, in genere, non è interessato. Poiché li considera irrilevanti e fastidiosi, chi naviga online impara a riconoscere immediatamente a riconoscerli e ad ignorarli.

La Banner Blindness è quindi un comportamento appreso per cui l’utente, guidato dall’aspettativa di intenzioni persuasive indesiderate, tende a ignorare tutti quegli elementi che percepisce come pubblicità. Lo stesso vale per i contenuti posizionati in aree generalmente occupate da adv o in loro prossimità.

Fenomeno formulato e studiato da Benway e Lane (1998, 1999), è la conseguenza all’iper-stimolazione a cui siamo costantemente sottoposti, ancor più illimitata nell’ambiente digitale. Il nostro cervello possiede limitate capacità di elaborazione. A fronte degli 11 mln di bits di informazioni che lo raggiungono ogni secondo, è in grado di processare a livello cosciente solo 50 bits alla volta. Pertanto, seleziona con cura gli elementi da analizzare per evitare di sprecare tempo ed energie o di incorrere in blocchi cognitivi.

Dunque, la cecità ai banner è sostenuta da processi mentali sotto il dominio dell’attenzione selettiva.

1.3 Brevi cenni sull’Attenzione Visiva

La vista è la principale guida del comportamento umano. Concetto noto ai professionisti di marketing, che investono enormi budget nella creazione di comunicazioni dall’alto impatto visivo. Il sovraccarico informativo che ne deriva viene gestito dal cervello attraverso specifici meccanismi e scorciatoie mentali.

L’attenzione, come un filtro, aiuta a focalizzarsi sugli stimoli più significativi all’interno dell’ambiente circostante. In quanto funzione cognitiva rappresenta una risorsa scarsa, che il cervello alloca su elementi ritenuti rilevanti o per loro particolari caratteristiche o perché funzionali ai propri scopi. Nel primo caso, sono gli attributi interni dello stimolo a catturare l’attenzione in modo automatico, rapido e scarsamente controllabile. Nel secondo, la persona seleziona e orienta consapevolmente il suo focus verso dettagli che sa, per esperienza pregressa, essere in grado di rispondere ai propri obiettivi.

I meccanismi dell’attenzione influenzano le nostre azioni, anche negli ambienti digitali. L’utente si muove all’interno delle piattaforme web avendo già in mente a quali elementi rivolgersi per completare l’obiettivo di navigazione, e quali invece ignorare poiché non utili. Inoltre, desidera svolgere la sua attività senza interruzioni; tanto meno da parte di comunicazioni con un chiaro intento persuasivo. Da qui, la cecità ai banner.

L’uso di metodologie di tracciamento oculare offre alle pubblicità più alte opportunità di successo partendo dall’assunto che, per essere scelto, un contenuto deve innanzitutto essere visto.

2. Rilevare la Banner Blindness con il Neuromarketing

L’influenza della vista sul comportamento diventa massima nel web marketing, dove dominano strategie di visual content. Non potendo prestare attenzione a tutto, il cervello filtra velocemente le informazioni proposte in cerca di particolari dettagli da approfondire.

Il Neuromarketing si avvale di strumenti come l’Eye Tracker, in grado di monitorare la posizione e il movimento degli occhi dell’utente mentre naviga su una piattaforma web. Possiamo così misurare l’attenzione visiva e accedere in modo privilegiato ai processi mentali non consapevoli che condizionano fortemente le azioni degli utenti. Tra queste, la scelta di ignorare più o meno deliberatamente le inserzioni pubblicitarie.

Infatti, solo le analisi Eye Tracking rivelano la cecità ai banner.

Gli studi dimostrano che gli adv sono gli elementi meno visualizzati all’interno dei siti web, ottenendo fissazioni pressoché nulle. Evidenza confermata a prescindere dal grado di coinvolgimento dell’utente nella navigazione o nella lettura delle informazioni circostanti.

Immagine di Norman Nielsen Group

Le heatmap mostrano fissazioni sui banner nulle sia per chi osserva velocemente il testo sia per chi legge in modo più approfondito

Inoltre, le rare fissazioni registrate sui banner fungono da disincentivo per approfondire contenuti vicini. Gli utenti scambiano per pubblicità gli elementi limitrofi all’adv, finendo per ignorare intere sezioni anche quando contengono informazioni utili.

Testare le proprie comunicazioni digitali, sponsorizzate e non, con il neuromarketing consente di ottimizzare budget, tempo e risorse di lavoro verso soluzioni realmente performanti.

3. Prevenire la Banner Blindness

Per ridurre la cecità ai banner, possiamo agire sulla percezione dell’utente o aumentando la salienza delle inserzioni o aumentando la somiglianza tra queste ultime e i contenuti non adv proposti dalla pagina ospite.

Volti umani, immagini emozionali e testi e CTA brevi catturano automaticamente lo sguardo. Se inseriti nel design del banner, possono portare un più alto numero di fissazioni sull’area.

Adv percettivamente simili ai contenuti nativi del sito ospite sono meno esposti al fenomeno di cecità. Modificare il design stesso del banner in base all’ambiente in cui è inserito è una strategia efficace per aumentarne la visibilità.

Ricordiamo l’importanza di muoversi entro confini etici: l’utente deve poter distinguere facilmente i contenuti editoriali da quelli sponsorizzati. Pena, la rottura del rapporto di fiducia utente-azienda. Inoltre, l’uso sempre più frequente di ad network rende difficile ottimizzare il design delle singole inserzioni rispetto al contesto di riferimento.

Infine, uno studio ha indagato la correlazione tra cecità ai banner, attenzione e memoria, sottolineando l’importanza di misurare queste ultime in modo indipendente. Una procedura possibile solo grazie a tecniche neuroscientifiche. Catturare l’attenzione è la prima e necessaria condizione per convertire, ma non è sufficiente per garantire il ricordo dell’adv. I risultati mostrano come solo le inserzioni coerenti con la tematica del sito ospite, quando visualizzate, ottengono un vantaggio in termini di memoria.

Consideriamo però che rendere i propri annunci percettivamente simili o congruenti ai contenuti circostanti è una pratica ostacolata dall’uso sempre più frequente di ad network. Possiamo quindi provare quantomeno ad arginare gli effetti indesiderati della cecità agli adv.

3.2 Ridurre l’influenza della Banner Blindness

Già dalle prime fasi di progettazione e sviluppo web, possiamo applicare alcune linee guida per minimizzare gli effetti della Banner Blindness sull’esperienza di navigazione globale. Infatti, nel tentativo di evitare adv, gli utenti rischiano di commettere errori percettivi che li portano a confondere, e di conseguenza a ignora, anche contenuti non pubblicitari.

– Evitare di inserire le informazioni più rilevanti nella parte superiore della pagina e nella colonna laterale destra, o in loro prossimità

L’utente tende a ignorare tutto ciò che si trova nelle aree di norma occupate dai banner. Lo stesso vale per le posizioni adiacenti. Infatti, secondo il principio percettivo di prossimità formulato dagli psicologi della Gestalt, il cervello tende a considerare oggetti vicini l’un l’altro come parte dello stesso gruppo e ad attribuirgli funzioni simili.

Sviluppatori web e UX esperti anticipano questa tendenza proponendo layout differenti. Ad esempio, integrano gli adv nella sezione centrale del sito o in aree che disattendono l’aspettativa dell’utente circa la loro solita posizione. Diventa allora fondamentale sottolineare la differenza tra elementi sponsorizzati e non.

– Evitare attributi visivi che rendono i contenuti percettivamente simili ai banner

L’utente tende a percepire automaticamente soluzioni che si discostano troppo dal design complessivo della pagina web come elementi esterni e non utili, quindi ad ignorarle. Ad esempio, particolari scelte grafiche o cromatiche potrebbero condurre ad effetti indesiderati in termini di visibilità del contenuto.

Considerazioni

Come nell’ambiente fisico, anche sul web le persone seguono dinamiche apparentemente prive di logica, che riflettono l’azione di processi mentali non consapevoli e inaccessibili senza le giuste metodologie. Tecniche come l’Eye Tracking esplorano nel profondo il comportamento degli utenti, rendendolo misurabile e prevedibile.

L’intervento del Neuromarketing è possibile lungo tutto il processo di sviluppo di una piattaforma digitale. A supporto di test UX o di usabilità aiuta a comprendere il comportamento degli utenti per favorire lo sviluppo di stimoli web ottimizzati e aggiungere valore all’esperienza digitale.

 

Riferimenti

  • Hervet, G., Guérard, K., Tremblay, S., & Chtourou, M. S. (2011). Is banner blindness genuine? Eye tracking internet text advertising. Applied cognitive psychology, 25(5), 708-716.
  • Norman Nielsen Group (2018). Banner Blindness Revisited: Users Dodge Ads on Mobile and Desktop.
  • Norman Nielsen Group (2007). Banner Blindness: The Original Eyetracking Research.

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